
Tutto ebbe inizio probabilmente a inizio gennaio nella regione più progredita d’Italia, con più legami finanziari e rapporti economici con Germania e Cina, la ricca Lombardia, la locomotiva d’Italia, nella seconda manifattura d’Europa. Lì forse si annidava il focolaio, nel bergamasco, quando si decise di far giocare due partite: Albino – Codogno (partita, girone B, giocata il 9 febbraio) e Atalanta – Valencia (coppa Uefa, il 19 febbraio, giocata a Milano). Il triangolo delle Bermude italiano – Val Seriana, Bergamo, Milano – che esporta il Coronavirus nel focolaio spagnolo di Valencia (poi la Spagna farà il patatrac festeggiando a Madrid l’8 marzo in piazza).
Il Coronavirus in Italia è quasi sotto controllo, con percentuali in linea con l’Europa e perfino con la Germania. Ma è in Lombardia che il tasso di mortalità raggiunge percentuali a doppia cifra.
Nell’analisi quantitativa dei fenomeni, quando un aggregato di dati è fortemente anomalo rispetto agli altri, esso deve essere scorporato e messo sotto la lente, proprio al fine di svolgere un’analisi corretta. Quindi, procediamo, esaminiamo il caso lombardo.
In Lombardia si contano più morti di Covid-19 che in Cina e Stati Uniti messi insieme. Cosa sta succedendo nella regione della capitale morale d’Italia?
Gli Stati Uniti sono riusciti ad acquistare in Lombardia mezzo milione di kit per individuare il contagio. Li hanno trasferiti a Memphis con un aereo cargo militare. Da Brescia, la Leonessa d’Italia, una città con 7300 contagiati e oltre mille morti.
Ma com’è possibile che un’azienda bresciana sia stata legittimata a vendere a prezzo di mercato tamponi agli USA, quando l’ISS, seguendo le direttive OMS (il cui Tweet “test – test -test!” ha fatto scuola nel mondo), preme per far effettuare tamponi sui sintomatici? L’azienda bresciana ha spiegato di aver venduto i kit diagnostici all’America di Trump perché la Regione Lombardia non era in grado di processare i test. La Germania sta effettuando 500mila tamponi a settimana, come ha spiegato l’eurodeputato e medico tedesco Liese. Nel nostro Paese, dall’inizio dell’epidemia, ne sono stati fatti poco più di 320 mila, ma il numero dei test non corrisponde al numero di persone sottoposte a tampone (perché una persona fa più test). L’Italia fa tamponi soltanto ai sintomatici, e in diverse regioni come la Lombardia soltanto a chi presenta sintomi sopra una certa gravità.
Ma non sono gli unici interrogativi rimasti inevasi nella Lombardia con 37mila contagiati e 5400 morti (dati 27 marzo 2020) ovvero la Regione, lo ripetiamo, con più morti di Cina e USA messi insieme.
Un’altra domanda non ha ricevuto ancora risposta. L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) aveva chiesto di fare una zona rossa nella Bergamasca, dove era stato individuato un focolaio nella zona di Alzano Lombardo e Nembro. Ma la Regione Lombardia dice che la risposta del governo non è mai arrivata: perché non è stata sollecitata? Perché la Lombardia è arrivata ad aver una mortalità del 10%, quando il tasso di mortalità nel mondo è meno della metà?
In poche parole: cosa sta succedendo davvero nella regione Lombardia, dove 310 contagiati si annidano solo fra infermieri e medici all’ospedale di Brescia. La sanità lombarda è un’eccellenza. Ma la regione, in piena pandemia da Coronavirus, pur vantando eccellenze che il mondo ci invidia, non ha un sistema di prossimità e di presidio territoriale. La regione non fa i tamponi a chi presenta sintomi sospetti (ma solo oltre una certa gravità), disattendendo le prescrizioni dell’ISS e la raccomandazione “test – test – test!” dell’OMS. L’Emilia-Romagna. grazie a una sanità capillare, sta migliorando a vista d’occhio.