Petrolio a 69 dollari. L’incognita Libia, dove l’Italia rischia di perdere affari per 140 miliardi. L’incubo di una nuova guerra in Medio-Oriente, mentre infuria il conflitto inter-sunnita (sauditi contro i turchi di Erdogan, nuovo terreno di scontro la Libia contesa da Haftar, alleato dell’Egitto di Al-Sisi e della Russia di Putin, contro al-Serraj che aspetta ansiosamente l’aiuto turco), sullo sfondo del millenario scisma sunniti-sciiti, dove l’iraniano Qassem Soleimani, il potente generale di cui oggi si celebrano le esequie a Teheran, era al momento uscito (apparentemente) vittorioso con la creazione della “Mezzaluna Sciita“, dal Libano all’Iraq fino alla Siria Alawita di Assad e naturalmente l’Iran. E proprio in queste convulse ore, l’uccisione (in un Paese terzo, dettaglio da non trascurare) con un drone americano dello stratega iraniano Soleimani si grida “Morte all’America” e il mondo si è improvvisamente risvegliato sull’orlo di una nuovo conflitto in Medio-Oriente, questa volta al centro dei giochi l’Iran, già massacrato dall’embargo americano decretato dopo la fine dell’accordo (siglato dal precedente Presidente Obama, e dall’Europa, e stracciato dal Presidente Trump) sul nucleare.
Il caos globale è servito: uno scacchiere in fiamme, in cui un Presidente USA sotto impeachment si presenta come Commander in Chief in uno scenario di guerra. Dopo aver gettato un candelotto di dinamite in una Santa Barbara, quale è oggi il Medio-Oriente, dopo gli anni tragici della guerra in Siria, quella in Iraq, l’eterno conflitto israelo-palestinese, il Libano e l’Iraq percorsi da tensioni e cortei anti-Iran (contro il progetto di “Mezzaluna sciita” di Soleimani, assassinato da un attacco americano in Iraq, poche ore dopo l’assalto all’ambasciata USA che, se fosse riuscita, avrebbe visto per la prima volta sciiti pro-iraniani contro l’esercito americano), il presidente americano Trump si presenta come Colui Che Spariglia le carte della geo-politica: lo aveva già fatto, decidendo di spostare l’ambasciata americana da Telaviv a Gerusalemme, la capitale “contesa”; lo rifa oggi, pur non avendo una strategia complessiva per gestire il post-Soleimani e la probabile tremenda vendetta iraniana che non potrà tardare troppo, dopo mesi di escalation e di scaramucce nel golfo di Oman.
E l’Italia, quali rischi geo-politici corre? Petrolio che sfiora i 70 dollari significa una bolletta energetica alta, mentre pesa già l’incognita della Libia, dove Roma si è rifiutata di mettere i boots-on-the-ground e dove nei prossimi giorni arriveranno le truppe turche di Erdogan, mettendo a serio rischio gli interessi petroliferi dell’ENI (un giro di affari da 140 miliardi), già minacciati dall’avanzamento di Haftar, appoggiato dall’Egitto di Al-Sisi: nel mirino è Noor, il “più grande giacimento di gas delMediterraneo” al largo di Cipro, nel mirino di Turchia, Cipro stessa, Libano, Israele, Iran…
Il 2020 non sarà un anno bellissimo, mentre tramonta la globalizzazione sostituita dal decoupling Cina-America e il Fattore G della geopolitica si riprende la scena, rischiando di mandare in frantumi l’intero sistema economico, già messo a dura prova dalla guerra dei dazi innescata da Trump contro la Cina, in uno scenario in cui i bazooka delle Banche Centrali sono scarichi, dopo anni di tassi a zero, metadone regalato ad eroinomani e borse ai massimi, come se fossero scollate dalla realtà.
La tensione in Medio-Oriente potrebbe tradursi in attacchi contro i pozzi petroliferi in Arabia Saudita o in una vendetta d Teheran contro Israele, esposta in prima linea, fra gli Hezbollah libanesi e iraniani.
L’Italia si trova davanti a una Libia in fiamme, dove Ankara e Mosca allungano la loro influenza, approfittando del disinteresse USA e di un’Europa che non ha una politica estera comune. Il caso dell’omicidio di Soleimani potrebbe imprimere un’accelerazione al decoupling dell’economia cinese e americana, sempre più distanti e divise. Un altro rischio che pesa su Paesi esportatori come il nostro, chiamati a decidere da che parte stare, mentre Mosca e Pechino e Teheran sembrano avvicinarsi perfino nel Golfo indiano e nel Golfo di Oman (per la prima volta in un secolo non più saldamente sotto controllo occidentale).
No, Presidente Conte, neanche il 2020 sarà un anno bellissimo per un’Italia in stagnazione e sottoposta alle tensioni dei mercati e della geo-politica. (E non osiamo immaginare cosa farebbe un ipotetico governo Salvini con “pieni poteri”, in un contesto internazionale dove scegliere gli alleati sembra più complesso di quanto fosse ai tempi della Guerra Fredda dove bastava essere atlantisti per stare dalla parte giusta della storia…).